Disturbi del comportamento: cosa sono? Come gestirli?



Sappiamo che la malattia di ALZHEIMER, così come tutte le forme di demenza (ma anche eventi neurologici come traumi, ictus. . .), è caratterizzata da disturbi cognitivi, funzionali, ma anche, e soprattutto, comportamentali. Sottolineo quelli comportamentali perché sono quelli più difficili da accettare, comprendere e gestire. Avevo già scritto un articolo tempo fa (link in basso) ma torno a parlarne, in una chiave diversa, perché è un tema a me molto caro e perché la realtà è che si tende ad interpretarli come se si trattasse di sintomi “normali” quando un famigliare soffre di demenza (o altro) e che bisogna accettarli e tenere duro. Non è così. . . o almeno non proprio. 


Chiariamo prima di tutto cosa sono i sintomi comportamentali: si tratta di comportamenti anomali che possono sostanzialmente presentarsi in due forme:


- in difetto: cioè avremo un calo dell’iniziativa, apatia, quadri simil depressivi.


- in eccesso: rabbia, agitazione, disturbi del sonno, aggressività verbale e in alcuni casi anche fisica.


Certamente i comportamenti in eccesso sono più difficili da gestire, ma anche quelli in difetto non sono semplici, in quanto ci troveremo di fronte una persona che potrebbe anche non alzarsi mai dal letto o dal divano se non adeguatamente stimolata. 


I DISTURBI COMPORTAMENTALI derivano da ALTERAZIONI FISIOPATOLOGICHE CEREBRALI 


È difficile individuarli e comprenderli, ancora meno gestirli. Atteggiamenti simil psichiatrici come deliri di gelosia, comportamenti ossessivi, paranoie. . . in alcuni casi totale assenza della capacità di mettersi nei panni dell’altro e comprendere l’effetto dei propri comportamenti e delle proprie parole sull’altro sono tra i sintomi più male interpretati. Il paziente non voleva ferirvi o farvi piangere. Non se ne rende conto in quel momento. Potrebbe avere dei momenti di lucidità o potrebbe sembrare che capisca nel momento in cui vi vede magari piangere per la disperazione, ma questo non cambia il fatto che tutto quello che ha detto o fatto dipende da ALTERAZIONI FISIOPATOLOGICHE cerebrali. 




- Un altro aspetto fondamentale è che il modo in cui reagiamo al sintomo è ciò che scatena e rinforza quel particolare comportamento. 


Questo significa che il principale e più efficace metodo per affrontare i disturbi del comportamento è comprendere quando e perché si presentano. Il neuropsicologo ha il compito di aiutare il familiare a farlo. 


È difficile comprendere che il metodo riabilitativo non farmacologico  più efficace è intervenire su chi assiste il paziente. 




Gli effetti non sono immediati, e non durano per sempre, perché risolto un comportamento è probabile che insorgano  nuove difficoltà. La strada da percorrere prevede di affiancare periodicamente e con costanza i familiari e sviluppare di volta in volta nuovi metodi di gestione adeguati.






È una strada lunga, che sembra non avere fine. La nota positiva è che spesso i familiari imparano, diventano bravi a capire i comportamenti e spesso riescono a proporre da soli strategie efficaci per gestire il sintomo. E, in alcuni casi, un intervento farmacologico può essere di aiuto.


Bisogna essere obiettivi, i sintomi non scompariranno del tutto, ma impareremo ad affrontarli. 


Spero di essere riuscita a fornire qualche informazione utile e, soprattutto, a passare il concetto che i disturbi del comportamento non sono una difficoltà quotidiana che si è costretti a subire. . . si tratta di una strada difficile da percorrere, ma non da soli. 








Recapiti

  Cellulare: 3290135477    Email: info@chiaracerroneneuropsicologia.it    Appuntamento: Riceve a Vercelli, Novara e a domicilio P.I. 02524620024



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