Dopo un ictus o un trauma cranico (ma anche in un decadimento cognitivo) capita spesso che i familiari lamentino di non riconoscere più il proprio caro:
“Non mi sembra più lui!”,
“Non lo riconosco più!”,
“Non mi capisce!”,
“Prima non si sarebbe mai comportato così!”.
Spesso tratti tipici del carattere sembrano essere accentuati, oppure assistiamo ad eccessiva irritabilità, a volte anche aggressività (verbale e/o fisica) o, al contrario, a totale disinteresse per la vita familiare e lavorativa.
Come è possibile?
I disturbi del comportamento sono generalmente conseguenti ad una lesione delle aree prefrontali del cervello e delle loro connessioni con le altre strutture cerebrali. Si tratta di connessioni complesse e difficilmente visibili ai normali esami strumentali di diagnosi (TAC; RMN…) ma che possono provocare i disturbi più invalidanti e destabilizzanti per gli equilibri familiari.
Non è raro, infatti, che i pazienti non mostrino alcuna difficoltà nello svolgere la stragrande maggioranza dei test neuropsicologici, evidenziando una diagnosi sconfortante per i familiari (“nessun deficit neuropsicologico”) in presenza però di importanti difficoltà di gestione della vita quotidiana.
Di cosa si tratta?
I disturbi più comuni vengono inquadrati in quella che viene definita “Sindrome Disesecutiva”, ma anche in assenza di tale diagnosi è possibile osservare:
irritabilità e irrequietezza,
apatia,
deficit dell’iniziativa,
impulsività,
difficoltà a comprendere le emozioni e il punto di vista dell’altro,
difficoltà a comprendere le conseguenze delle proprie azioni,
difficoltà di pianificazione delle proprie giornate,
rigidità,
difficoltà di gestione di situazioni nuove,
disturbi della memoria,
facile distraibilità…
e, nei casi più gravi,
disinibizione,
comportamenti sociali inappropriati,
trascuratezza nell’aspetto e nell’igiene,
alimentazione disordinata,
abuso di fumo e/o alcool…
Scorrendo questi sintomi è possibile notare come si tratti di aspetti comportamentali molto “fini” e complessi. Le funzioni esecutive, infatti, sono il processo cognitivo più complesso del nostro cervello! Spesso vengono paragonate ad un direttore di orchestra: come il direttore di orchestra dirige i singoli musicisti, così le funzioni esecutive coordinano tutte le altre funzioni cognitive (memoria, attenzione, linguaggio…). Anche se le singole unità non sono danneggiate, in assenza di un coordinatore efficiente, queste non possono funzionare al meglio!
Cosa possiamo fare allora?
La neuropsicologia dispone di strumenti specifici per la valutazione di questi aspetti. Si tratta di prove più complesse che possono però individuare questi aspetti così fini del comportamento. Come ricordato prima, infatti, non è raro (anzi!), che i test neuropsicologici di utilizzo più comune e che riguardano la memoria, il linguaggio, l’attenzione ecc. risultino assolutamente nella norma.
Dunque, un approfondimento testistico specifico delle funzioni esecutive rappresenta un primo ed indispensabile passo.
E’ possibile riabilitare?
Spesso, il paziente non è consapevole di queste difficoltà, e dunque la motivazione al trattamento sarà scarsa. Ma questo non deve scoraggiarci!
In questi casi si tende ad adottare un trattamento specifico sulle difficoltà quotidiane, fornendo strategie e supporto non solo al paziente stesso, ma anche e soprattutto, ai familiari, che rappresentano la maggior risorsa per la buona riuscita del piano riabilitativo.