Un ictus, un incidente, un’emorragia. . . pochi istanti.
Nella mia piccola ma grande esperienza ho incontrato tante persone, più o meno giovani, tutte con la propria storia. Ma tutte con un solo pensiero: non pensavo potesse succedere a me. Pochi istanti, qualche giorno di buio, pochi o nessun ricordo. . . e poi chi lo sa. Parlare, muoversi, ricordare. . . non c’è più nulla di scontato. Ogni volta che incontro un nuovo paziente, appena arrivato nel reparto di riabilitazione, vedo lo stesso sguardo: impaurito, confuso. Ancora non sa esattamente cosa è successo. . . cosa accadrà. Il mio lavoro è accogliere le sue paure, i suoi dubbi, metterlo di fronte alle difficoltà, a quello che non riesce a fare, per poi aiutarlo a risalire. C’è chi si affida ad occhi chiusi, chi è diffidente, chi nega e chi rifiuta. . . a volte è davvero dura vedere quella persona che sbuffa quando ti vede arrivare. C’è chi non riesce ad andare oltre la disperazione e chi si rialza subito con una forza e una speranza che hanno dell’incredibile.
Questo è il mio lavoro. Aiutare, lavorare insieme. RIEMPIRE LA MIA VITA CON QUELLA DEGLI ALTRI. Accogliere il dolore e trasformarlo in forza: la mia forza di fronte alla sofferenza dell’altro così da poter tirare fuori la loro di forza.
Scrivo a braccio, una riflessione, ripensando a tutte le persone che ho incontrato. Per ricordarmi perché ho scelto questo lavoro, perché devo impegnarmi ogni giorno per farlo bene, quando un pochino di stanchezza o sconforto incontrano anche me.
